Taranto | Tamburi
Social photography workshop, Giulio di Meo
In collaboration with: Cosimo Calabrese, Witness Journal
december 2015
Tamburi, Taranto
Taranto vecchia è un posto speciale. Percorrendo le sue strade, si ha l’impressione di trovarsi in un mondo a parte, in un’atmosfera diversa, per nulla simile a quella che si respira altrove. Addentrandosi dell’isola, ci si accorge di quanto sia facile passare da uno scorcio mozzafiato ad un altro: dal mare a strapiombo dalla ringhiera di Corso Vittorio Emanuele II, alle architetture di chiese e palazzi d’epoca, dal fascino antico delle colonne del Tempio di Poseidone, a quello quotidiano dei balconcini delle case, da cui pendono lenzuola e capi di biancheria variopinta. Ci si riscalda nei ristoranti, nelle piccole trattorie, o davanti ad una puccia, in uno “spuntino” improvvisato di mezzo pomeriggio.
All’epoca della grande industrializzazione, la città aveva un problema di sovraffollamento, inasprito dalla creazione dell’Arsenale della Marina Militare. La popolazione tarantina venne progressivamente assorbita in questo nuovo settore, il che non rendeva più necessaria la sua permanenza sull’isola.
Tamburi sorge appena dopo aver attraversato il ponte Punta Penna, uno dei due collegamenti dell’isola alla città. E’ il rione che da sempre ha ospitato gli operai della grande industria siderurgica (l’Italisider prima, l’Ilva poi), un’altra città dentro la città dei due mari. Il mercato del sabato richiama un gran numero di persone anche dai quartieri vicini, in un trionfo di bancarelle, nelle quali si può acquistare qualsiasi cosa, frutta, pesce, vestiti, fino ad arrivare agli arredi per la casa, come specchi, comodini e mobili. Ci si ubriaca quasi da dimenticare lo sguardo delle finestre, da tutto intorno ti fissano coi loro bordi colorati di rosso, come mascara su malinconici occhi.
Perché il cuore di Taranto è nella sua gente, nella loro cordialità. Lo senti battere al Mercato del pesce oltre il ponte girevole, nelle voci che riempiono l’aria, nei gesti come rituali ripetuti a memoria, così affascinanti che rapiscono. Batte al molo tra i pescatori a riva, o nelle barche appena ormeggiate, cariche di collane ornate da cozze che ondulano sinuose a mezz’aria, mentre vengono depositate sulla terra ferma, per essere lavorate e portare al mercato poco distante.